In oncologia, il PORT è utilizzato per effettuare la somministrazione dei farmaci chemioterapici e per eseguire prelievi ematici, nei casi in cui sia difficile reperire una vena nella braccia o quando risulti necessaria l’infusione continua del farmaco.
Si tratta di un semplice serbatoio in titanio del diametro di 3 centimetri circa collegato, tramite un catetere venoso centrale, un tubicino flessibile, ad una vena di grosso calibro. Per applicare il PORT è necessario un intervento chirurgico della durata di 40-60 minuti effettuato in regime di Day Hospital e con anestesia locale.
Il PORT viene posizionato a circa 4-5 centimetri sotto la clavicola. L’intervento consta di due fasi: incannulazione della vena e impianto del serbatoio sottocute.
Durante l’intervento è richiesta la collaborazione del paziente nel tenere il braccio steso lungo il corpo, il volto girato dalla parte opposta e nel trattenere il respiro per qualche secondo durante l’inserimento del catetere all’interno della vena. Nelle prime 24-48 ore successive all’intervento, la comparsa di un lieve dolore, trattabile con i più comuni analgesici, è possibile, ma ciò non deve destare preoccupazione.
Quanto conta la sicurezza
L’installazione del PORT per la chemioterapia, come tutti gli interventi, può causare qualche piccola complicanza, come ad esempio ematomi, infezioni, ostruzioni, rottura del catetere e trombosi della vena, sebbene l’introduzione della tecnica ecoguidata per il posizionamento abbia ridotto drasticamente il rischio di insorgenza di tali eventi, eliminandolo quasi completamente.
Per saperne di più sulle tecniche di installazione, sull’utilizzo e sulla manutenzione di questo dispositivo, scarica la guida gratuita per il paziente “Il PORT per la chemioterapia”